Qual è il mio lavoro?

Spesso mi dicono “sei fortunato, perché la tua passione è il tuo lavoro” ed è vero, ma subito dopo mi chiedono “ma esattamente, cos’è che fai? Come ti guadagni da vivere?”. Nessun mistero, ecco qual è il mio lavoro.

Ho sempre dato una grande importanza alla passione. Anzi, direi proprio che nella vita la passione è tutto. Credo che senza passione non si possa fare nulla, è il nostro miglior carburante: se non hai passione non vai da nessuna parte.

Quello che intendo dire è che abbiamo tutti bisogno di una scintilla, di un’esplosione dentro al nostro cilindro che ci spinga a fare le cose, che muova il nostro albero motore, che ci dia motivazione e soddisfazione.

Può essere la moto, certo, ma il mio discorso è più ampio e non si riferisce al solo oggetto. La passione si può avere anche senza concentrarla su un aspetto per così dire materiale, perché è proprio quell’amore nel fare le cose che ci piacciono.

“Scegliti un lavoro che ti piace e non lavorerai mai”.

Non ricordo esattamente la prima volta che ho sentito questa frase, ero un ragazzino. Forse la disse mio nonno, forse mio padre, forse uno dei tanti espertoni alla tivù. Però capii subito che al di là della retorica c’era del vero e mi diedi da fare per realizzare questo obiettivo. La parte più difficile, al contrario delle apparenze però, spesso non è riuscire a fare il lavoro che ti piace quanto innanzitutto individuare qual è esattamente il lavoro che ti piace.

Il mio lavoro è raccontare, descrivere. E ho deciso di farlo in moto perché è il mezzo che più mi si avvicina.

Anche sul numero di dicembre 2018 di InMoto me lo hanno chiesto…

Sin da piccolo sono stato attratto dal raccontare e dalla motocicletta. Per anni ho cercato di capire come queste due cose si potessero incastrare, non avevo le idee chiare, mi piaceva moltissimo anche progettare. Pensavo avrei disegnato nuove motociclette: avrei raccontato così nuove storie a nuovi motociclisti, in qualche modo li avrei portati dove ancora non erano stati.

Terminati gli studi di design, però, ho passato un po’ di tempo in un museo bellissimo, al cui fondatore sarò sempre grato per i piccoli e semplici insegnamenti. Ne ho approfittato per studiare la storia della motocicletta e riappassionarmi alla scrittura.

Questo mi ha portato a contattare alcune testate e presto ho iniziato a lavorare in una redazione: ovviamente il lavoro di giornalista in ambito moto mi è piaciuto subito moltissimo e ho cercato di apprendere il più velocemente possibile fino a farne una professione e sostenere l’esame di ammissione all’ordine.

Ho iniziato a sviluppare i primi progetti editoriali alternativi a giocare con quei nuovi strumenti che erano i blog prima e i social network poi (ebbene sì, quando pubblicavo i primi video non esisteva ancora YouTube!). Il grande risultato fu che… Non fu (del tutto) una perdita di tempo: misi a disposizione di agenzie di comunicazione ciò che avevo imparato e così oltre che giornalista iniziai a fare anche il social media manager o il content manager o il copywriter all’occorrenza.

Intanto nasceva il mio nuovo blog: Motoreetto.it.

Volevo mantenere qualcosa di mio per il semplice gusto di farlo. I riscontri furono presto così buoni che decisi di metterci più impegno. Lasciai il lavoro in agenzia per concentrarmi su me stesso, sul fare delle mie capacità il mio prodotto come forse direbbe qualcuno di fissato con il marketing.

Oggi scrivo per il mio blog, per giornali e pubblicazioni di vario tipo (hai presente quel collezionabile in edicola dedicato alla moto di Valentino Rossi? Ecco).

Realizzo video reportage o faccio semplicemente il consulente. In altre parole sono un giornalista 2.0 o, se preferisci, un “creatore di contenuti”.

#RIDEMORE

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