Sogni usati – Ferro magazine 12

Una pubblicità recitava: “nessuna auto nuova può superare un sogno usato”. Su Ferro magazine parlo di questo, di usato, di sogni e di bugie a fin di bene.

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Ho deciso di vendere la mia Pina, la mia moto, e mettere così fine alla nostra pacifica convivenza che dura da due anni e mezzo. Una storia di coppia con qualche alto e basso, come tutte, ma nella quale sono principalmente mancati proprio i picchi. Non a caso l’ho definita pacifica; una storia piuttosto piatta dunque. Vedo l’orrore sul tuo volto, ma anche la consapevolezza di chi conosce la mia motivazione alla vendita. La Pina (fosse stata pheega l’avrei chiamata forse in modo più esotico) è un’ottima moto, una brava ragazza da sposare, sulla quale puoi contare per la cura della casa e la buona educazione dei figli, che ti farà sempre trovare un piatto caldo a cena ma che mai ti sorprenderà con una ricetta afrodisiaca o con qualche situazione piccante. La Pina è una gran lavoratrice e quando l’ho presa con me ero certo non mi avrebbe deluso e così, in effetti, è stato. Ha fatto il suo dovere, ho però dovuto ammettere che dopo tanti chilometri assieme in reciproca stima, non è riuscita a farmi innamorare. Succede.

Sono certo che la Pina, ancora giovane e attraente, saprà sedurre un altro viaggiatore romantico e mi dispiace separarmi da lei. Potessi la terrei con me e la convincerei che, in fondo, un ménage à trois non è poi scelta così deprecabile. La mia testa e la mia pancia, però, si stanno già muovendo verso un sogno usato, una di quelle moto ormai fuori di produzione ma che anni fa ammiravo sognante, con l’acquolina in bocca sospirando inebetito “chissà se un giorno ti farò mia”. Non riesco a trattenermi, ne ho desiderio fisico. Noi motociclisti ci nutriamo di emozioni e aspirazioni, vogliamo sentire il cuore salire di giri e ognuno ha una ricetta per stuzzicare il proprio, non è detto che il piacere derivi solo dalla prestazione meccanica, anzi spesso, di quel battito, non ne decifriamo neppure l’origine ma sappiamo come suscitarlo. Sappiamo essere indulgenti con il nostro ferro fino a convincerci di doti che non ha. Siamo pronti a mentire a noi stessi se necessario.

Ripenso a un tizio con una vecchia moto che, tempo fa, rispose ad alcuni insolenti che gli chiedevano perché girasse ancora con quel tegame: “Lo so che non è la moto più bella e neppure la più comoda o la più performante, ma è la mia moto e mi fa sorridere ogni volta che la vedo”. Capirono tutti al volo.

Tu che ne dici, siamo ancora in grado di affezionarci al nostro ferro o in quest’epoca siamo sempre alla ricerca di qualcosa di diverso che sia in grado di rappresentarci al bar?

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