La notte ha reso la nostra prima salita in quota un po’ fangosa e sì, il pirla impantanato della foto sono io. Dal nord dell’India andiamo verso il Ladakh attraverso il Rohtang Pass.
“Partenza bagnata, partenza fortunata” ci siamo detti inforcando le Royal Enfield prese a nolo a Manali. Sapevamo che la prima tratta, quella del versante meridionale, sarebbe stata la più critica dal punto di vista meteorologico. E, infatti, ha piovuto tutta la notte e la salita al Rohtang La (La in Ladako significa passo, La-dakh è infatti la “terra degli alti passi”), il primo dei grandi passi, ci avvisano sia una bella fanghiglia.
Il Rohtang è a 3.979 metri sul livello del mare e quando scendo dalla moto mi manca il fiato persino per fare le riprese con la telecamera. Non sono mai stato così in alto e il mio fisico si deve ancora abituare, mi ci vorranno quasi quattro giorni per acclimatarmi in quota. Mi confronto con gli altri compagni di viaggio, hanno tutti gli stessi sintomi e decidiamo di iniziare a prendere il Diamox*, la medicina degli alpinisti. Al fiato corto si aggiunge il peggioramento drastico della strada quando iniziamo a ridiscendere sul fronte settentrionale: enormi pozzanghere e fango rallentano la marcia e ci fanno faticare. Rimango impiantato per lasciar passare un camion.
Già perché questa è l’unica via carrozzabile per raggiungere il Ladakh da sud ed è quindi frequentata anche dai temibili camionisti indiani o dai truck militari che incontreremo copiosi durante il nostro tragitto.
Quando raggiungiamo un minuscolo villaggio e ci fermiamo per un momento di ristoro è un autentico sollievo. La temperatura qui è più alta e di piogge neppure l’odore. Veniamo subito attorniati da un gruppetto di ragazzini cenciosi di etnia Rom. Ci chiedono qualche Rupia e anche se ci si stringe il cuore non vogliamo alimentare la cattiva abitudine dell’elemosina che in India è un vero problema sociale. Così, anziché spiccioli, offriamo loro una parte della nostra razione. Abbiamo qualche snack da offrire, ma i loro occhi si illuminano quando vedono la nostra frutta! Sono pronti ad azzuffarsi per una pera o una banana, autentiche rarità da queste parti e non possiamo non fare subito un paragone con i nostri bambini…
Prima di sera raggiungiamo Jispa, uno dei pochi villaggi crocevia che sono tappe obbligate per chi percorre questa strada e troviamo alloggio in un alberghetto dotato persino di acqua corrente, non proprio calda, ma abbondante.
(*un diuretico che aiuta ad abbassare la pressione e a ridurre il rischio di edema cerebrale)
Il resto del reportage lo trovate sul numero di novembre di Cafè Racer Italia.
photo credit: Marco Denicolò e Motoreetto.