Motoreetto, la mia storia

Ero seduto alla scrivania in ufficio. Era un giorno come tanti. Ricordo ancora il momento in cui ho alzato lo sguardo dalla raffica di mail e un riflesso di sole mi ha accarezzato l’iride. Uno scorcio di vita bussava al vetro della finestra e della mia coscienza. Davvero potevo starmene lì e lasciare che la vita, la mia vita, scorresse senza che fossi io a decidere cosa fare del mio tempo? Per quanti minuti, ore o giorni avrei retto alla consapevolezza che avevo lasciato il posto di guida a qualcun’altro?

Nel poco tempo libero avevo già ripreso a scrivere di moto e di viaggi in moto. Avevo aperto questo blog e iniziavo a raccogliere l’entusiasmo di chi condivideva il mio modo di vivere le due ruote. Quel raggio di sole mi fece capire che dovevo provarci. A 35 anni lasciai il contratto a tempo indeterminato e mi misi in proprio per poter sviluppare il mio canale YouTube e poter gestire il mio tempo. Non è stato e non è tuttora una cosa semplice far quadrare tutto senza avere sicurezze ma continuo per la mia strada a testa alta. Specie da quando ho deciso di non avere pubblicità sui miei contenuti, ma di fare una campagna di crowdfunding mensile su Patreon. Ma andiamo con ordine, perché la mia storia naturalmente comincia molto tempo prima.

motoreetto l'officina del nonno in provincia di verona
Questa è l’officina di mio nonno alla fine degli anni 60 a Minerbe, Verona, il paese dove sono cresciuto.

Ok, ok… Non così tanto prima. Questa qui sopra è l’officina di mio nonno in una foto di fine anni 60 (lo si evince perché c’è il Ciao prima serie!). Possiamo dire che qui è nato il germe delle due ruote anche se quando la frequentavo io, negli anni 80, era ormai l’officina di un meccanico in pensione. La nostra non è mai stata una famiglia di super impallinati di motori, ci piacevano il giusto come piacevano quasi a tutti in quegli anni. Mio padre ha avuto qualche due ruote, cilindrata massima 200cc, e portava me e mio fratello al Motor Show di Bologna tutti gli anni. Ci gasava un casino. Poi ha fatto l’errore di prenderci una minimoto da cross.

A sette anni, sotto gli insegnamenti di mio fratello che ne aveva ben tredici, passai dalla teoria alla pratica. Toccavo appena per terra ed era così pesante che facevo fatica a tenerla sù. E poi le ustioni e i segni della pedivella e le sbucciature. Ma era troppo bello. A quattordici la barattai per un ciclomotore, un vecchio Piaggio Bravo che misi un po’ in ordine con mio nonno. Ma non reggeva la mia fame di scoperta e di strada così a quindici ebbi la fortuna di avere uno scooter nuovo, un Piaggio NRG. Mi sembrava un missile: faceva i 90 all’ora e teneva la strada! Iniziai ad andare ovunque.

Intanto i miei impegni scolastici ed extra-scolastici aumentavano al contrario delle mie risorse. Mi trasferii a Milano per studiare e intraprendere una carriera rispettabile. Ma il tarlo della moto era lì e riuscii ad entrare in possesso della mia prima vera moto, una CB400N del 1981, sempre grazie all’intervento di mio fratello. Eravamo presi dal movimento café racer di primi anni duemila e volevamo trasformarla anche se ci bastava avere un ferro per girare. Fu l’inizio, la prima moto con cui potevo fare sul serio anche se era già d’epoca. Mi insegnò molte cose su cosa significa viaggiare in moto, ma anche su cosa è meglio fare quando si è agli inizi.

Finita l’università ero davvero sballottato. Avevo infilato la testa dietro il cupolino e dato tutto il gas che avevo per cinque anni e ora che avevo il famoso pezzo di carta in mano non sapevo di preciso dove dovevo andare, cosa dovevo fare. Iniziai a scrivere perché mi dava piacere. Mi piacevano le moto e fu naturale provare a scrivere di moto. Per conoscere meglio la storia della meccanica feci da stagista al Museo Nicolis, un’esperienza bellissima, prima di iniziare a collaborare con un mensile di settore nel quale appresi i rudimenti del mestiere. Tornai a Milano e cominciai così ad occuparmi di moto e di scrittura per campare. Poi successero molte altre cose e per un periodo mi occupai anche di altro, fino a quel giorno in cui il sole face toc-toc sulla mia iride. Anziché farla tanto lunga, però, ti mostro un po’ della mia vita: