Ho provato la Royal Enfield Interceptor 650

Ho guidato per circa 1000 km la Royal Enfield Intercepto 650, ti dico tutto su di lei e rispondo alle domande ricevute via social.

Che moto è la Royal Enfield Interceptor 650?

Erano due le moto del nuovo corso Royal Enfield che mi incuriosivano su tutte. Della prima, la Himalayan, ti ho parlato il mese scorso (guarda qui il mio video). La seconda è questa: la Interceptor 650.

Stile vintage da inglesina anni sessanta, con un bel bicilindrico aria/olio studiato nei minimi dettagli per essere fedele all’originale Interceptor del periodo, prestazioni umane e prezzo allettante sono i primi elementi che notiamo.

Ma facciamo un rapido passo indietro: prima che Royal Enfield diventasse in tutto e per tutto un’azienda indiana, in Inghilterra costruiva ottime moto oltre che gli armamenti per sua maestà. Da qui deriva il motto “fatta come un’arma, veloce come un proiettile”. E pensa che è il marchio di moto più antico in quanto la fondazione è addirittura del 1890.

Nel 1962 l’ultimo modello prodotto in Inghilterra si chiamava proprio Interceptor. Ovviamente era un bicilindrico frontemarcia in piena scuola inglese e per sapere come si presentava ti basta guardare la sua erede di oggi. La sua bellezza però non bastò a salvare l’azienda dall’incontenibile tsunami giapponese. Per fortuna la produzione della Bullet intanto era già stata spostata in India a Chinnai. E da lì cominciò un’altra vita per la Royal Enfield che in patria purtroppo chiudeva i battenti.

La Royal Enfield dei nostri giorni non è nemmeno più quella che produceva su licenza la Bullet per il mercato locale senza cambiare un bullone, sta diventando un’azienda globale con modelli che interessano anche il nostro mercato, come questa Interceptor.

Dati tecnici

  • Motore: bicilindrico parallelo 648 cc, 4T, aria/olio
  • Cambio: 6 marce
  • Potenza: 34,6 kW (47 CV) a 7250 rpm
  • Coppia: 52 Nm a 5250 rpm
  • Peso: 202 kg a secco
  • Serbatoio: 13,7 litri
  • Altezza sella: 804 mm
  • Ruote: 18 – 18
  • Omologazione: Euro 4
  • Prezzo: 6.300 euro
  • Intervalli manutenzione: 10.000 km
  • Consumo medio rilevato: 27 km/l

Come è fatta questa Interceptor?

Il motore è quanto di più classico si possa avere oggi nel rispetto delle normative Euro 4. Una cinquantina di cavalli e una cinquantina di Newton metro: non è solo classico nel look, ma anche nella sostanza, è raffreddato aria / olio ed è abbinato a un cambio a sei marce.
La ciclistica prevede ovviamente un classicissimo telaio doppia culla sul quale sono montate una forcella da 41 mm di diametro con 101 mm di escursione e una coppia di ammortizzatori Paioli a gas regolabili nel precarico e con (soli) 80 mm di escursione. Interessante il comparto freni con disco di 320 mm davanti e 240 mm dietro firmato ByBre, quindi il marchio più economico di Brembo. Da legge c’è l’ABS. Le ruote sono entrambe da 18″ con pneumatici 100/90 e 130/70. Il primo equipaggiamento prevede le Pirelli Phantom Sportcomp. Le leve sia a pedale sia al manubrio appaiono piuttosto povere e non sono regolabili. Frizione e gas hanno comando a cavo.

Davanti al manubrio spicca l’elegante doppio strumento analogico con incorporato un piccolo display digitale che indica chilometri totali, parziali e livello carburante.

In generale le finiture generali appaiono buone e soddisfano occhio e tatto. Non sono allo stesso livello delle migliori concorrenti di segmento quali Triumph o Moto Guzzi o Kawa W800, ma neppure il prezzo lo è. Alcune saldature denunciano un po’ di economicità ma la verniciatura è buona e c’è pochissima plastica.

Sull’esemplare in prova sono montati alcuni accessori ufficiali: cupolino, cavalletto centrale, paracoppa, soffietti, paramotore, specchi retrovisori neri regolabili.

Come si sta in sella alla Interceptor?

La posizione di guida è comoda e naturale grazie al manubrio bello largo, dotato di traversino, dritto e soprattutto alto. Questo consente di avere il busto eretto nonostante le dimensioni contenute della Interceptor. La sella dista solo 804 mm dal suolo, quindi mediamente si appoggiano bene i piedi a terra. Altrettanto mediamente le ginocchia stanno abbastanza piegate e arrivano a toccare i cilindri perché c’è una buona luce a terra e quindi le pedane sono piuttosto alte. Per chi si avvicina al metro e novanta credo che possa risultare scomoda. La sella, molto gradevole alla vista e al tatto, risulta poco imbottita e basta qualche ora di guida per accorgersene. In caso di spostamenti brevi… beh è perfetta.

Come si guida?

In partenza si nota come la frizione monodisco con comando a cavo stacchi piuttosto in alto, ma poco male, è nettamente migliore di quella della Himalayan. Risulta poi morbida e amichevole, anche perché il cambio funziona molto bene, è preciso ed entra perfettamente anche senza l’ausilio della frizione.

La posizione di guida così classica con la sella bassa ma non troppo e il manubrio largo mi piace. L’altezza e la larghezza portano a stare abbastanza eretti, si prende più aria, ma alla fine se non voglio prendere aria scelgo un altro tipo di moto o di veicolo…

L’erogazione del twin Royal Enfield è bella fluida; la spinta si stente dai 2000 giri e sale costante fino ai 7500 quando interviene il limitatore. Non strappa di certo le braccia ma diverte il giusto sulle strade di campagna. Il regime di utilizzo dunque è sempre tra i 3 e i 5000 giri. Non serve spremere il bicilindrico della Interceptor perché ha la giusta dose di coppia e la ripresa è sempre buona anche con un rapporto lungo e quei giri sottocoppia che mi piace tanto sentire in questi aria/olio.

Piacevole il sound che arriva dagli scarichi, tanto generosi di dimensioni che vien voglia di cambiarli. La frenata mi è parsa molto buona, più che adeguata alle prestazioni generali e anche l’intervento dell’ABS non è mai troppo invasivo.

L’interasse di 1400 mm e le ruote da 18″ la rendono meno svelta nei cambi di direzione di quanto manubrio largo e luce a terra farebbero sperare, ma basta prendere un po’ le misure, guidarla molto di… natiche e meno di braccia, magari aggiustare il precarico degli ammortizzatori posteriori per trovare il giusto compromesso tra agilità e stabilità. Sul veloce infatti va via che è un piacere, proprio come i bei doppia culla degli anni Settanta. Le sospensioni però non filtrano benissimo: bene sul liscio, ma quando c’è sconnesso si fanno sentire, specie dietro.

Ottime le gomme di primo equipaggiamento: sarei curioso di vederla con qualcosa di più scolpito per provarla con più agio su qualche strada bianca, ma togliere queste Pirelli Phantom è un peccato, sono perfette.

Eccellenti infine i consumi, nei mei giri sono stati più vicini ai 30 km al litro che ai 25! Concludo con un’ultima nota: gli intervalli di manutenzione sono fissati ogni 10.000 km che non è affatto male.

Cosa mi piace?

  • Estetica classica equilibrata e autentica
  • Motore gradevole da vedere e da guidare
  • Piacevolezza di guida a tutte le andature
  • Rapporto qualità/prezzo molto interessante

Cosa non mi piace?

  • Sella poco imbottita
  • Sospensioni, specie posteriori, poco filtranti
  • Leve non regolabili e di aspetto economico

A chi consiglio la Interceptor di Royal Enfield?

A chi cerca la moto giusta per fare bella figura ma non vuole né svenarsi né avere un vecchio cancello senza freni. A chi cerca insomma una moto che conservi non solo lo stile ma proprio l’anima classica, che sia il più possibile vicino alle moto di fine Sessanta ma con alcune astuzie dei nostri tempi come l’iniezione e l’ABS. A chi vuole una moto godibile ogni giorno dell’anno non solo parcheggiata.

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