La moto elettrica e la fame di radici

Di una vecchia amica ci si fida. Anche se non sai che fine ha fatto negli ultimi quarant’anni. Una breve riflessione su moto elettrica e branding.

Il passato, il cosiddetto heritage, funziona sempre.

Funziona nelle arti. Basti pensare ai “bei vecchi film di una volta”, o alle “belle storie che non passano mai”. Funziona nel design e nondimeno nel marketing.

Una vecchia marca è un amica di cui si è finiti per fidarsi. Non che subito fossimo certi di poterci fidare, anzi, eravamo piuttosto sospettosi ma dai oggi, dai domani, a forza di vederla sulle nostre tavole, alla tv, per strada… diventa qualcuno di famiglia.

Siamo animali semplici, ci affezioniamo facilmente suvvia.

Noi motociclisti poi non parliamone neanche. E più passano gli anni più quel marchio diventa “mitico”, “blasonato” e “non toccatemelo che vi ammazzo”. Un bel marchio, una bella storia, valgono più di mille ricerche e tecnologie. Sembra assurdo eppure è così.

Per questo chi non ha storia, non ha un passato, ne è maledettamente alla ricerca. Anche se c’ha la tecnologia che gli esce dalle orecchie.

Solo chi è più coraggioso e più forte cerca la difficile strada alternativa: raccontare una storia nuova.

Ma pensa alla letteratura, mica è una roba facile raccontare bene bene bene una storia nuova nuova nuova.

Oggi possiamo dirlo, ci sta riuscendo Tesla. Ci ha messo una decina d’anni, ma ora ci sta riuscendo.

Se guardiamo alle moto hanno preso questa strada Zero Motorcycles, Lightning ed Energica. Non tanto per scelta, ma perché quella era la via obbligata. Se ci stanno riuscendo lo capiremo fra qualche anno, la mia impressione ad oggi è che non facciano (meglio, non riescano a fare) quanto sarebbe necessario per far entrare quel brand nel paniere della nostra fiducia domestica.

Ma in questo momento stanno spuntando nuovi attori. Sono quasi sempre sconosciuti con un buon progetto in tasca che magari in tempi non sospetti sono riusciti a portarsi a casa per poco un vecchio brand. Lo hanno messo in soffitta per un po’, finché il progetto che avevano in tasca non ha preso forma è diventato un concept, qualcosa di più di una fantasia. Così hanno spolverato il vecchio brand, lo hanno messo vicino alla cosa nuova che avevano per le mani e sono andati a batter cassa, pardon, a cercare finanziamenti. Con i due ingredienti è di certo più facile fare una torta che abbia un po’ di gusto.

Penso a Curtiss o a Sarolea o ancora all’ultima arrivata Pursang che addirittura si separa dal brand originale Bultaco, anch’esso al centro di un’operazione di recupero e ricollocamento tra le e-bike. Ma non è solo una questione degli ultimi tempi: penso a Garelli, Lambretta, Malaguti, Mondial per non parlare di progetti “più articolati” come Fantic e Benelli.

Altri invece non spendono per un vecchio brand ma ne fanno uno nuovo che in qualche modo, complice il design vintage, possa generare una certa confusione come Regent o Veitis (il cui primo prototipo fu fatto sul telaio di una vecchia BSA).

La storia è così importante che a volte non serve neppure averla: basta nominarla.

Ma sarà sempre così? Saremo sempre più ben predisposti verso qualcosa che si conosce anche se sono passati decenni dall’ultima volta che ne abbiamo sentito parlare e anche se non c’entra proprio più nulla con ciò che era?

E quali altri marchi la nuova onda elettrica cercherà di riportare in auge? Si accettano scommesse.

Intanto ve ne anticipo uno che è già un segreto di pulcinella… Cagiva.

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